I Solidi di Cesare Leonardi – 2013
Un architetto della visione nelle immagini di Luca Capuano
di Lucia Miodini
Indiscusso protagonista della cultura visiva della seconda metà del novecento, Cesare Leonardi, Architetto Designer Fotografo Pittore Scultore, nato a Modena nel 1935, segue a Firenze le lezioni di Leonardo Ricci, Adalberto Libera, Ludovico Quaroni, Leonardo Savioli. Negli anni ottanta gli viene affidato l’insegnamento del Corso di Parchi pubblici e arredo urbano. All’attività didattica affianca quella progettuale, cui si dedica dagli anni sessanta. L’intervento a scala territoriale e la composizione naturalistica dell’ambiente costituiscono uno dei valori essenziali della sua ricerca progettuale. Pensare per immagini è premessa indispensabile per l’intervento trasformativo dell’ambiente. Nel suo lavoro il rapporto tra progettazione e trascrizione visiva, tra modalità di trasformazione del territorio e fotografia, è nodale. A Bosco Albergati progetta un parco diffuso, espansione del bosco storico, che è l’espressione di una dinamica temporale che rifiuta l’idea di un progetto immutabile e cristallizzato. Leonardi individua la possibile crescita e trasformazione del paesaggio adottando un dispositivo visivo. La sua attività interessa infatti anche il campo del design e della fotografia. Le prime suggestioni sulle strutture resistenti e l’interesse per l’opera di Max Bill sono della metà degli anni sessanta. L’ottimizzazione delle prestazioni del materiale unita alla sintesi tra struttura e forma sono la cifra del suo design, dalla poltrona Nastro al Dondolo (1967), oggetto simbolo alla mostra newyorkese Italy: The New Domestic Landscape del 1970, al Guscio. Nei primi anni ottanta sperimenta un diverso approccio al design, verificando una modalità progettuale nuova. Parte da tavole di legno, generalmente utilizzate in edilizia come casseforme da calcestruzzo, e progetta oggetti che ottiene da una singola tavola o dai suoi multipli e sottomultipli, in molti casi senza scarto di materiale. Mediante differenti tagli della tavola nascono oltre trecento elementi di arredo, i Solidi, realizzati tra il 1980 e il 1990. Una volta assemblati i Solidi – sedute, sgabelli, divani, tavoli, letti, scaffalature – sono pronti per lo stoccaggio e la spedizione.
Ecco qui delinearsi, in sintesi, alcuni motivi del lavoro di Cesare Leonardi, che muove dalla complessità delle relazioni multidisciplinari, in un ambiente ideale fondato sulla stratificazione dei diversi campi di applicazione (architettura, design, fotografia). Leonardi è un architetto della visione che, anche quando progetta La città degli alberi di Bosco Albergati, guarda alla struttura formale derivata dalla visione. La città degli alberi e i Solidi, seppure ideati da “materiali” diversi, vivono all’interno di un “universo” curvilineo tendente all’infinito, un universo non euclideo né cartesiano, uno spazio delineato dalle teorie di Lobacevskij, Gauss e Einstein. Un universo frattale, trasversale, spigoloso, obliquo. Anche in fotografia Leonardi privilegia il momento fenomenologico avviando un processo di scomposizione e ricomposizione incessante delle stesse strutture della visione. Nella sua produzione gli ambiti disciplinari non sono rinserrati entro rigidi steccati, così che la libera circolazione apre un complesso sistema di relazioni, secondo un’alternanza che non è né conflittuale né contraddittoria, né bassamente strumentale, ma che trova nell’alterità e nel trasferimento linguistico gli imprevisti e le sorprese per nuove soluzioni progettuali.
La fotografia, per Leonardi, è uno strumento analitico e svolge una funzione critica, in altre parole è il mezzo privilegiato di un interrotto processo interpretativo. Anche quando fotografa, Leonardi parte sempre da un progetto. Nella sue opere emerge, infatti, la ricerca di strutture e forme scoperte nella realtà quotidiana, come la tavola del cassero per calcestruzzo dei Solidi. Nella serie fotografica Città di Modena il tema dominante è la teoria delle ombre : la macchina fotografica inquadra verso l’alto, taglia tetti e grondaie dove si insinuano squarci di cielo e si addensano le ombre spigolose dei cornicioni. Scompone e ricompone l’immagine mettendo in luce le linee di forza, le fughe prospettiche, i profili, i ritmi alternati di pieni e vuoti, le luci e le ombre, le variazioni e successioni cromatiche. In questa, come nella maggior parte dei suoi lavori, Leonardi costruisce un continuum di immagini legate tra loro da un ritmo; cerca una dimensione costruttiva dell’osservazione e agisce da architetto della visione, quale egli è. Non concepisce mai singolarmente lo scatto o l’oggetto di design, ma progetta all’interno di una rete di costruzioni stratificate, che può dilatarsi nello spazio e nel tempo. Il momento analitico e quello sinottico si compenetrano nelle opere originate dalla mediazione tra elaborazione strutturale, funzionale, estetica e costruttiva.
Questa compenetrazione e sovrapposizione è acutamente compresa da Luca Capuano che rende visibile questa complessa modalità progettuale. Si allontana dalla facile tradizione della giustapposizione artista-opera. Il taglio, l’uso della luce e la composizione articolata su angoli visuali non banali mostrano, e ci mostrano, inconsuete chiavi di lettura per comprendere il carattere del luogo. Nella sua trascrizione ravvisiamo una duttilità critica ed una capacità categorizzante altrettale al letterario. Il lavoro di Capuano si caratterizza, così, come critica iconica del sistema dell’arte. Nelle sue immagini possiamo, infine, riconoscere una funzione critica, una critica aperta, meno categorizzante della letteraria, in quanto la fotografia mantiene una dissigillata capacità indicale.